Ecuador & Galàpagos: leggi il diario

XII giorno

La nottata di navigazione trascorre quasi in bianco per il dondolare della nave: un quadro, ai piedi del letto, si comporta come un pendolo. Finalmente in mattinata ecco Espanola, l’isola più antica e più meridionale, il regno  dei candidi e aggraziati albatros e delle sule di Nazca, creature endemiche.

Con uno sbarco bagnato raggiungiamo la corallina spiaggia e facciamo subito Kayak tra le sue rocce a picco nell’oceano: siamo circondati da foche e da tartarughe marine che dimostrano di amare la nostra compagnia girando, acrobaticamente, intorno alla nostra piccola imbarcazione. La spiaggia è bianchissima, contrasta la pietra lavica, ed è ricca di leoni marini: noi umani siamo solo ospiti, ci ignorano. Facciamo subito il bagno in compagnia di alcune mante dal pericolosissimo pungiglione e di alcuni cuccioli giocherelloni di leone marino mentre le femmine si rotolano nella sabbia bianca e sonnecchiano pacificamente. Ritornati a bordo della Pinta ci allontaniamo subito dal sud dell’isola la cui parte estrema sembra una triste maschera che ci da l’addio: andate via uomini, non rovinate questo pezzo di terra.

Sbarchiamo a Punta Suares e facciamo una lunga passeggiata sulla pietra lavica e, a un certo punto, incontriamo un maschio di leone marino che cerca di ostacolare il nostro passaggio deciso a dimostrare la sua supremazia sul suo territorio, ma presto desiste. Uno spettacolo unico ci aspetta: colonie di albatros e di sule dalle zampe azzurre a pochi passi da noi; alcuni di questi uccelli sono in  fase di corteggiamento con il maschio che danza e becca la femmina, altri covano le uova, altri ancora alimentano e proteggono i loro piccoli. Ci osservano immobili e compiaciuti, è proprio questo che commuove ogni visitatore: gli animali, in questo eden, non hanno paura dell’uomo. Continuiamo la nostra passeggiata fino a quando dall’alto osserviamo uno spettacolo unico: una colata lavica ha creato un grosso foro che proietta verso l’alto l’acqua agitata dell’oceano creando un vero e proprio soffione. Lungo la strada del ritorno dobbiamo evitare una colonia di iguane rosse che “tenta di intimidirci con gli sputi”: dobbiamo scavalcarle per evitare di pestarle. Sputano solo il sale marino, altro che intimidazioni!

Delle immagini ci rattristano: una femmina di leone marino ha accanto a sé il suo piccolo appena nato morto e cerca di rianimarlo con la pinna e con il muso. Un po’ più in là c’è una piccola iguana morta vittima sicuramente di una poiana, di quell’ impavida poiana che, in alto su una roccia, aspetta il nostro passaggio per prelevare la sua preda. La legge della natura: sopravvive sempre il più forte. Preda e predatore contribuiscono alla salvezza della specie e a quell’equilibrio biologico necessario alla vita. Osservo in alto e ci sono tantissime sule che fanno spettacolari tuffi: entrano nell’acqua come delle  frecce e catturano i pesciolini per i loro piccoli che aspettano nel nido con la boccuccia aperta. Arrivati al tratto lavico, dove c’è ancorato il nostro panga, dobbiamo evitare ancora una volta dei leoni marini, il loro messaggio è sempre più chiaro: questo è il nostro mondo. Alle 18,00 la nave leva le ancore e si dirige verso San Cristobal, un grande vulcano dormiente, la seconda isola più popolata dopo Santa Cruz, l’isola dove Darwin approdò per la prima volta.

XIII giorno

Sbarchiamo a Puerto Baquerito Moreno, una baia a forma di mezzaluna, e subito visitiamo un ambiente naturale per la protezione delle tartarughe terrestri. Dopo girovaghiamo per il villaggio, beviamo, in un bar, una coca cola e compriamo gli ultimi souvenir. Ci sediamo su una panchina che dividiamo, si fa per dire, con un’otaria; intorno a noi tante imbarcazioni e tanti pellicani e sulle pietre laviche i granchi rosso porpora e neri. Girovagando per l’isola incontriamo i nostri compagni di viaggio in Ecuador: la gioia è immensa, sembriamo amici da una vita, e facciamo un’ultima foto ricordo.

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