Ecuador & Galàpagos: leggi il diario

VII giorno

Partiamo presto, ci aspetta un viaggio in treno, il treno più popolare del paese. Dalla stazione di Riobamba, la sultana delle Ande, una tipica cittadina coloniale dalle case bianche, prendiamo il treno per la Nariz del diablo: un tratto ferroviario a zig zag, da brivido, ricco di tornanti lungo i fianchi della montagna. Attraversiamo ponti scricchiolanti e profondi precipizi, poco consigliati se si soffre di vertigini. Il paesaggio intorno a noi è molto bello: una splendida vista sul Chimborazo innevato, uno sguardo nella vita degli indios e il volto immortale di un inca, in questa narice del diavolo, scolpito dall’erosione.


Facciamo una sosta a metà strada e veniamo accolti da balli, canti e musiche andine che ci consentono di godere ulteriormente della  bellezza della natura circostante: è la voce di un popolo che, nelle proprie radici, ritrova il vero significato della vita. Nell’aria si propaga, tramite queste melodie, il vero ossigeno andino del quale ci si innamora facilmente.
Pranziamo ad Alausi e subito dopo proseguiamo il nostro viaggio verso il sud: in serata dobbiamo essere a Cuenca. Ci fermiamo alla fortezza inca di Ingapirca situata sul cammino inca che collegava la Colombia al Cile durante il più grande impero precolombiano.  Non è certamente un piccolo Machu Picchu, ma  si coglie ugualmente la presenza inca con i resti del tempio del Dio Sole e dei numerosi edifici costruiti sovrapponendo i blocchi di pietra. Sullo sfondo anche qui, come a Machu Picchu, c’è un’impressionante formazione rocciosa che ricorda il profilo di un volto incaico.La sera siamo a Cuenca.

VIII giorno

Visita della  splendida città coloniale di Cuenca, situata sulla riva del fiume Tamebamba, città molto attraente che è definita la più europea del Sud America. Camminando per le stradine pavimentate in pietra, osservando i balconi in ferro battuto, i giardini in fiore e le  numerose chiese ho, infatti, la sensazione di essere in Andalusia. Prima di andare via ci fermiamo, vicino alla cattedrale, ad un mercato dei fiori, piccolo ma molto vivace e dai soavi profumi: le venditrici hanno dei tipici costumi locali.


Nel pomeriggio, dopo aver pranzato, visitiamo un centro di produzione di cappelli di panama famosi in tutto il mondo: vengono intrecciati a mano con fibre ricavate da una palma nana detta toquilla. Giovanni si lascia tentare e indossa i più svariati cappelli, si crede un Adone: non ha mai messo e mai metterà un cappello in vita sua per cui mi diverto a immortalare questi attimi di pura follia. Via per l’aeroporto e voliamo per Guayaquil. E’ buio. Dall’alto mi sembra di atterrare, quando vedo un’immensa distesa pianeggiante di luci, in un altro pianeta: tale è l’emozione. Ci siamo, il mio cuore accelera i battiti, ci siamo si tocca terra: benvenuti in questo braccio di terra che domani mi porterà alle Galapagos.
In hotel, non riesco ad addormentarmi: le Galapagos, il sogno di una vita, sono a due passi da me. Che emozione! L’idea di avventurarmi fra queste isole dove Darwin gettò le basi della teoria evoluzionistica mi  entusiasma intensamente: anch’io navigherò tra queste acque non certo nel Beagle, il famoso brigantino, ma nella Pinta: sarà una crociera da favola. Con questi pensieri mi addormento e durante la notte sogno  di essere rapita da una ciurma di pirati: forse quegli stessi pirati che si nascondevano fra queste isole per intercettare i galeoni spagnoli che trasportavano alla madrepatria l’argento e l’oro del Sud America.
L’arcipelago delle Galapagos è di origine vulcanico: le isole sono le punte di alcuni vulcani che s’innalzano dal fondo del Pacifico. Sono, infatti, situate sopra un “punto caldo” dove, ad intervalli piuttosto frequenti, avvengono eruzioni vulcaniche sottomarine. Inoltre, la zolla tettonica di Nazca, su cui poggia l’intero arcipelago, si sposta verso est e tende ad inabissarsi.

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