Ecuador & Galàpagos: leggi il diario

Ci fermiamo nell’hacienda  Sant’ Agustin dove pranziamo in una sala dalle autentiche pareti inca, perfettamente preservate nei secoli: un vero gioiello architettonico. Nel pomeriggio, dopo avere ammirato dei lama ai quali abbiamo distribuito delle carote, visitiamo una piantagione di rose nella fertile valle Lacatunga e poi scendiamo al villaggio di Patate, a 3000 metri, passando tra villaggi sparsi come i vulcani dove la vita sembra non essere cambiata nel corso dei secoli.  


Qui la terra con le sue coltivazioni  è il centro dell’esistenza: è un seno materno dal quale gli indios ricavano l’essenziale per vivere ed è un luogo da dove spesso  devono fuggire per non essere vittime della forza della natura. Patate ha un aspetto magico per il Chimboraso che è un vulcano spento e per i suoi ghiacciai: le nuvole sembrano bloccare un suo risveglio. Ho la sensazione che è proprio qui che gli inca custodiscono i loro segreti e come spesso mi accade mi lascio trasportare dalla mia vena fantastica: quelle nuvole che sembrano cullare il vulcano, ai miei occhi, assumono l’aspetto di spiriti che vogliono proteggere i loro discendenti. Ecco vedo anche un antico sciamano  con una lunga barba che mastica coca, là dove il sole non vuole tramontare. Pernottiamo in un’hacienda tra i monti, riscaldati dai ciocchi ardenti di un focolare, in un’atmosfera resa ancora più magica perché è proprio qui, tra queste terre umide e desolate, che rivivono le storie di coloro che cercavano il tesoro maledetto degli inca.

VI giorno

Partiamo alla volta di Banos, ai margini dell’Amazzonia, e attraversiamo lo spettacolare Canon del Rio Pastaza, un affluente del Rio delle Amazzoni, dove le coltivazioni a terrazza arrivano quasi in cima alle montagne: una zona molto fertile per l’elevata concentrazione di umidità nell’aria.
Banos è sul fondo di una verdissima valle, ai piedi del vulcano Tungurahua. Lungo la strada c’è dappertutto materiale lavico e diversi canali lavici ricchi di pietre vulcaniche: questo vulcano è una continua minaccia per Banos che, secondo i vulcanologi, potrebbe essere inghiottita dalla lava da un momento all’altro. Ci fermiamo alla Ruta de las Cascadas e scendiamo a piedi per osservare la cascata del diavolo circondata da vegetazione subtropicale e da orchidee. Scendiamo attratti da questa meraviglia naturale coscienti di trovarci davanti ad una delle sette cascate più belle del mondo.


Nelle vicinanze sento l’acqua precipitare e vengo attratta da una scritta: Dio esiste. Scendiamo più giù e ci troviamo di fronte ad uno spettacolo unico, un arcobaleno che va dallo sperone roccioso al fondo di questa impressionante cascata: grazie pacha mama per questo meraviglioso regalo. Mi commuovo e una lacrima scende giù dalle mie guance: la bellezza della natura è indescrivibile. Non bisogna sfidare le forze della natura, come dice Giovanni, non andiamo oltre e insieme risaliamo, mano nella mano, tutti bagnati ma carichi di entusiasmo e di energia. “Pare de Sufrir – Remargue sus energas”, c’è scritto in un banchetto dove un indios  spreme delle dolcissime arance. Beviamo con un dollaro un’aranciata dal sapore molto delicato ricaricandoci ulteriormente.
Nel pomeriggio facciamo una passeggiata per le vie di Banos, dal taglio internazionale, e in un negozio assistiamo alla lavorazione dell’avorio vegetale ricavato dal frutto del tagua ed è qui che ho comprato diverse miniature di animali e bigiotteria varia. Di questo frutto non si butta nulla e i residui della lavorazione formano una farina che viene utilizzata come alimento per gli  animali.

Ripartiamo alla volta di Riobamba, passiamo nelle vicinanze del vulcano Chimborazo detto l’altare, la cima più alta dell’Ecuador e attraversiamo montagne che sembrano affrescate dai campesinos. Prima di andare in hotel visitiamo un mercato locale di frutta, di spezie e di carne. Anche se occorre stendere un velo pietoso sulle condizioni igienico-sanitarie, è proprio in questi mercati che si coglie la quotidianità della vita di un popolo e la sua vera essenza.

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