Ecuador & Galàpagos: leggi il diario

Ritornati sulla Pinta, dopo un breve riposino pomeridiano, sbarchiamo alla rocciosa Isla Lobos, un piccolo isolotto satellite di San Cristobal e successivamente, con uno sbarco bagnato, raggiungiamo Placha Ocha dove facciamo una lunga passeggiata in compagnia di svariati fringuelli, di tordi e di lucertole della lava. Assaporiamo ancora una volta quest’atmosfera magica che coinvolge sempre un essere umano quando è a stretto contatto con la natura. Facciamo un bagno tra gli immancabili leoni: l’acqua è calda e i fondali bianchi la rendono brillante. Ritornati a bordo, gustiamo il cocktail offerto dal capitano e dopo cena andiamo a dormire: siamo stanchi, ma felici.

XIV giorno

Dopo un’intera notte di navigazione, quasi insonne in quanto abbiamo dondolato come su un’altalena e rischiato di cadere dal letto, arriviamo a Seymour Norte. Con uno sbarco secco raggiungiamo la spiaggia e facciamo un percorso circolare che si snoda lungo la più grande colonia di fregate delle Galapagos. E’ il periodo degli amori per cui il maschio gonfia una sacca rossa che ha sotto il becco per attirare l’attenzione di  quella femmina che lo sceglierà: ci avviciniamo abbastanza per vedere questo meraviglioso spettacolo della vita.


La nostra guida ci dice che non hanno delle piume molto resistenti all’acqua e che per cibarsi rubano le prede, il più delle volte, alle sule. Tra me e me penso: forse per questo le sule hanno quegli occhietti teneri ma poco intelligenti! Rivediamo anche altre colonie di sule con i loro piccoli, gabbiani a coda di rondine e diverse iguane terrestri tra cui una gialla bellissima e i soliti  orribili draghetti acquatici. Nella spiaggia ci sono le otarie: una femmina allatta il suo piccolo che succhia avidamente il latte.

Ritornati a bordo, dopo poco facciamo il giro dell’isola in panga: la costa lavica è abbastanza alta e ricca di numerosi uccelli dediti alla pesca. Gli speroni rocciosi sembrano delle vere e proprie sculture, opera della furia dell’oceano che ha raffigurato volti umani, mostri dalla grande bocca e, osservando bene, si possono individuare anche degli uccelli pietrificati e un’ enorme tartaruga. La punta di Baltra, l’isola che è di fronte a noi ha la forma di un grande profilo umano dalla lunga barba che penetra nell’oceano: Darwin che osserva i suoi fringuelli. Ritornati sulla Pinta si parte subito alla volta di Santa Cruz e attraversiamo piccole isole, che sembrano disabitate, dalla tipica forma a cono vulcanico.

Arrivati, dopo qualche oretta, a Santa Cruz con un panga sbarchiamo a Cerro Dragon dove un importantissimo progetto  è riuscito a salvare le iguane terrestri. Durante il percorso passiamo da una piccola laguna dove abbiamo avvistato qualche piccolo trampoliere ma, ancora, niente fenicotteri. Ecco un’iguana giallognola  sul nostro viottolo: un draghetto che non ci vuol far passare. In effetti è solo disorientata, forse ha paura e scappa nel vicino bosco di palissandri dove noto dei coloratissimi grilli: l’unico animale delle Galapagos che è scappato alla nostra vista. Continuiamo il nostro cammino: altre iguane, altri uccelli, altre lucertole e un innocuo serpentello. Sulla spiaggia ho fotografato alcuni granchi che sembrano a pois e, finalmente, questa volta si concedono, con un certo edonismo, alle nostre macchine fotografiche senza allontanarsi.

Ritorniamo a bordo, spensierati e soddisfatti in compagnia, come sempre, di un tramonto spettacolare. Oggi abbiamo conosciuto i nostri nuovi compagni di viaggio italiani e con loro, dopo cena, saliamo sul ponte della nave ad osservare l’oceano sotto  la fioca luce della nave: vogliamo vedere, anche noi, le otarie. Delle otarie nemmeno l’ombra ma c’è  un povero pellicano che nuota beatamente incurante del pericolo che corre: un branco di squali  di oltre tre metri nuota elegantemente intorno alla nave. Io e Giovanni ci guardiamo e ci capiamo, come sempre, a volo: da domani niente più snorkeling e Kajak. Altro che squaletti!

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