V giorno- 25 novembre
Dall’aridità del Sahel alla savana, verso sud tra acacie, palme e baobab. Visitiamo un villaggio Wolof dalle tipiche case a forma quadrata fatte con vegetali e mattoni di fango e dal tipico tetto piramidale ricoperto di paglia…intorno le terre da coltivare e i pascoli. Veniamo subito circondati da tantissimi bimbi che vogliono essere fotografati e, come sempre, toccano le nostre mani, le nostre braccia…vorrei entrare nei loro pensieri e scoprire cosa pensano di noi.
È proprio vero viaggiare in Senegal vuol dire essere “coccolati” dalla gente del posto: hanno un grande rispetto per gli stranieri. Teranga è sinonimo, di ospitalità, di gioia, di accoglienza: l’ ospite è davvero sacro.
Riprendiamo il nostro viaggio e arriviamo a Touba, la seconda città del Senegal dopo Dakar, la città santa per antonomasia. Le vie di questo luogo sono polverose, ricche di traffico e con merci esposte in ogni angolo delle strade…sono le donne che con i loro abiti colorati arricchiscono tutto di una scenografica bellezza. È qui che c’è la moschea più grande dell’Africa occidentale con i suoi quattro minareti: una vera enclave religiosa fin dal 1927, l’anno in cui fu costruita.
Il travertino è italiano di Carrara e il marmo rosa è portoghese: splendide sono decorazioni. Mi trovo in un mondo a sé stante ricco di obblighi e divieti: purezza vuol dire assenza di vizi. È un ambiente molto religioso e si deve rispettare, come sempre, il luogo per cui ci togliamo le scarpe e copriamo gambe e capo con i loro teli. La guida ci suggerisce di non fare foto con i nostri compagni per non turbare la religione e il culto della città. Visitiamo la parte riservata alle donne: è molto curata e incantevole…priva, almeno in apparenza, di ogni impurità. Mi trovo in un grande polmone di spiritualità dove le persone pregano, mangiano, si sdraiano a terra…vivono immerse in un luogo fuori dal tempo. È qui che ogni anno si riuniscono milioni di fedeli che provengono da tutto il mondo: è il secondo pellegrinaggio dopo quello della Mecca.
All’uscita, quando restituiamo i teli con i quali ci siamo coperti, compriamo la corona del musulmano. È formata da 99 grani e ogni giorno il fedele passa le dita su questi grani centinaia di volte rivolgendosi a Dio. La preghiera, come in ogni credo religioso, dà pace e infonde coraggio per andare avanti. Entrare in un luogo religioso è sempre emozionante come è emozionante osservare i fedeli che in questo culto non hanno un intermediario: si percepisce quel legame diretto tra fedele e Allah.
Proseguiamo e giungiamo alla città portuale di Kaolack sul fiume Saloun con i suoi imponenti edifici coloniali e con mercati brulicanti di vita. Al delta del fiume ancora saline e montagne di arachidi. Ci fermiamo in un campo che è un centro di raccolta delle arachidi che hanno un ruolo fondamentale nell’economia del paese: è l’oro per i senegalesi. La semina inizia nella stagione delle piogge e quando questa finisce comincia la raccolta e le fasi della lavorazione. Camminiamo su montagnelle di arachidi che vengono trasportate con delle ceste in dei macchinari dove il frutto viene separato da ciò che non è commestibile.