Sudafrica: leggi il diario


I gabbiani sono in agguato: uno di loro riesce a impadronirsi di un uovo che va a divorare su di una roccia vicina. Legge della natura: lotta per la sopravvivenza.
Siamo al 29 agosto: via verso Città del Capo. Mostri misteriosi scolpiti sulle montagne ci seguono con lo sguardo verso l’oceano, non incutono terrore ma sembrano possedere una forza occulta. Vorranno unificare il mondo? Sembrano, in effetti, piangere per un recente passato.

Un cielo meraviglioso ci segue: un fascio di luce attraversa le nuvole e giunge a terra. La via verso la vita eterna direbbe un credente: la strada per l’aldilà. Tutti gli animali incontrati nella savana sono “ dipinti” sulle nuvole, su questa meravigliosa lavagna, come dice Simone.
I nostri ultimi cinque giorni li trascorriamo a Città del Capo, la città situata su un’esile e lunga penisola che si protende verso sud, nell’oceano Atlantico. E’ ai piedi di una dorsale montuosa che, come uno scudo sembra proteggerla. Non sarebbe la stessa città senza la Table Montain le cui pareti, alte oltre mille metri, s’innalzano nella parte centrale della città. È una tavola che quando c’è vento viene ricoperta da un tovagliato di nuvole.
La nostra prima escursione è nella penisola del Capo lunga circa settanta chilometri che si estende fino al Capo di Buona Speranza. Attraversiamo piccoli villaggi, scogliere con meravigliose viste panoramiche e spiagge bianche. Ci fermiamo a Simon’Tow con i suoi spettacolari macigni di granito tra i quali si è stabilita spontaneamente una colonia di teneri e goffi pinguini. Pochi posti al mondo evocano un tale fascino. Simone è felice. Oh finalmente anch’io sono nella mia terra! Non solo tu nonna.
Eccoci arrivati al Capo di Buona Speranza dove, con la funicolare, saliamo su in cima fino al vecchio faro da dove si gode un belvedere molto affascinante. Le sue scogliere parlano di storia. Questa è l’area dove si stabilirono i primi europei, il punto in cui s’incontrano i due oceani. Il capo delle Tempeste come lo battezzò Diaz per le pericolosissime correnti provenienti dai due oceani. Pericolosa la navigazione, lo stesso Diaz morì in un naufragio in queste acque.
La discesa è eccezionale, in alcuni punti si ha la sensazione di essere sospesi nel vuoto. Ci fermiamo ai vari wiew point per fotografare e ammirare la sottostante lingua di sabbia bianca da dove s’innalzano le imponenti scogliere. Mi siedo sulla riva dell’oceano, intorno a me solo il cielo azzurro, il rumore delle acque tumultuose, il vento e la baia che evoca le avventure dei navigatori dei secoli passati. Poco lontano delle enormi croci di pietra in memoria di Diaz e Gama i cui spiriti non avranno mai abbandonato questi posti. In serata un tramonto indimenticabile lungo la spettacolare Chapman’s Peak Drive: ci fermiamo in una baia a semicerchio circondata da montagne e ci immergiamo in uno scenario da sogno.
Non è ancora possibile salire sulla Table Montain: è sempre avvolta in una coltre nebbiosa.

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