Il nostro viaggio prosegue verso lo Swaziland, dove è programmato un intero giorno di fotosafari. La speranza è l’ultima a morire…vedremo i predatori…ce lo auguriamo…in Namibia li abbiamo visti l’ultimo giorno.
Durante la mattinata ci fermiamo in una scuola attratti da tantissimi bambini che schiamazzano in un cortile. La direttrice ci invita a entrare. Come sono gioiosi! Cantano per noi e, increduli, toccano e pizzicano le nostre mani bianche. La scuola continua come sempre, in ogni luogo, a essere palestra di vita: apre la strada alla solidarietà e rende consapevoli che il mondo non termina ai confini della propria terra.
Ci troviamo nello Swaziland, la Svizzera africana, uno stato nello stato, una monarchia assoluta il cui re ha un harem di ben quindici mogli. Tuttavia è uno dei paesi più poveri del mondo dove c’è la più alta percentuale di malati di AIDS e dove l’aspettativa di vita supera di poco i trent’anni. Sembra incredibile, ma è una triste realtà. E’ ricco di riserve faunistiche che ospitano tutti i big five: è un eden di fiori selvaggi e d’incantevoli paesaggi incontaminati.
Indimenticabile il Forest Arms, l’albergo non lontano dalla capitale Mbabane, collocato in una pace unica: una selva oscura dove non c’è nessuna fiera che ostacolerà il nostro cammino.
Facciamo un giro in alcuni mercati all’aperto attratti da tantissimi e coloratissimi oggetti, visitiamo lo “Swazi Candles” dove modellano la cera e la trasformano in delle vere e proprie opere d’arte e poi entriamo nel “Baobab Batik” dove compriamo un tramonto con gli elefanti nella savana che testimonierà la nostra presenza in terra africana.
Questi colori, questi odori mi accompagneranno per tutta la vita, saranno sempre dentro di me a ricordarmi il continente non nero, ma rosso come il colore delle sue strade,come i tramonti di fuoco che la sera sembrano incendiare le sue steppe, rosso come il sangue nella bocca dei predatori.