Il diario del nostro viaggio in Vietnam e Cambogia

Verso Siem Riep Angkor

 Nel primo pomeriggio partiamo per Battambang, cittadina piacevole dall’atmosfera coloniale ed è qui che, la sera anche se stanchi, facciamo una piacevole passeggiata lungo le rive del fiume. Il giorno dopo c’è in programma un’intera giornata di navigazione che da Battambang ci porterà a Siem Riep- Angkor dove trascorreremo gli ultimi cinque giorni del nostro viaggio. Navigare lungo il Sangker River, tra canali e paludi, ci presenta uno scenario surreale: è veramente un viaggio in un viaggio. Attraversiamo una miriade di villaggi galleggianti e prendiamo a bordo alcune persone che fanno il nostro “autostop “. Il calore umano è incredibile, mostrano un grande entusiasmo, al nostro passaggio. E’ un’avventura, un viaggio che non si può spiegare, si diventa spettatori di una vita che viene scandita dalla luce del sole e dai colori del cielo. E’ un’area talmente povera da far stringere il cuore, ma non ho mai, malgrado gli svariati disagi sulla rumorosa barca, avuto voglia di tornare indietro. Ho assaporato lungo il percorso tanta indigenza, tanta sporcizia e visto tanti bambini giocare e fare il bagno in quell’acqua giallognola con il sorriso. La vita, la forza della natura è in quegli occhi innocenti. Questa povertà non è per niente dignitosa per l’umanità intera. E’ vero si accontentano di poco, non patiscono la fame perché lavorano e producono i beni di prima necessità, ma la visione di quei bimbi apparentemente felici che non hanno una scuola e di quegli uomini che aspettano il calare del sole guardando l’infinito mi rattrista e mi fa sentire impotente. Non riesco a mangiare il contenuto del mio cestino e lo cedo volentieri a una donna che è in barca con noi: è bellissima.
Gli dei ci hanno protetto, ancora una volta, durante questa traversata anche quando siamo entrati nell’immenso lago. Non siamo benedetti dalla pioggia, anche se in lontananza, là dove il cielo sembra incontrare il lago, intravedo un tornado che pian piano perde la sua energia.
Ci fermiamo ad ascoltare il rumore dell’acqua e rimaniamo soli per un po’ con i nostri pensieri. Ho preso coscienza di una realtà molto lontana dalla nostra, una realtà primitiva. Anch’io potevo nascere in questo luogo. Mi devo ritenere fortunata? Siamo felici noi o loro? Questo è l’eterno dilemma che affligge chi viaggia in questi luoghi del mondo. 
Domani sarà una giornata alquanto impegnativa.
Si parte di prima mattina verso il nord della Cambogia, dove è situato, al confine thailandese, Preah Vihear il monastero induista eretto, durante l’impero Khmer, la cui costruzione iniziò nel nono secolo. Patrimonio dell’Unesco dal 2008 viene chiamato triangolo di smeraldo in quanto è situato tra un verde incontaminato di foreste e di montagne là dove i confini di Cambogia, Thailandia e Laos si toccano. Sembra che fino al XII secolo è rimasto nascosto tra una fitta vegetazione che ha protetto queste pietre sacre. E’ un luogo, come dice la nostra guida, fuori dal circuito di Angkor ed è situato su un’altura, come tutti i templi Khmer, che sta a simboleggiare il Monte Meru, la casa degli dei ovvero il centro del mondo. Oggetto, da lungo tempo di disputa di confine con i thailandesi è, da alcuni anni, presidiato da militari, anche se dal 2013 la corte dell’Aia delle Nazioni Unite ha assegnato la sovranità del luogo alla Cambogia.
Dedicato a Shiva, è in arenaria rossa e, a differenza degli altri templi, è posizionato sull’asse nord-sud per ben 800 metri dal monumentale scalone centrale. E’ formato da diversi santuari collegati da ripide scale intervallate da cinque porte d’ingresso(gopura) con relative torri. Si notano dei crolli probabilmente legati agli scontri con i khmer rossi. Quanti morti tra queste antiche e sacre mura! Notevoli e spettacolari le scene della simbologia induista.
Ci fermiamo nel punto più in alto per ascoltare il silenzio e per contemplare una favolosa vista mozzafiato sulle campagne cambogiane e thailandesi. E’ un luogo dove religione e natura si fondono e dove si può osservare l’immensità. Riesco quasi a oscurare il confine tra cielo e terra, tra terreno e ultra terreno. Una strana sensazione di pace e di sicurezza m’invade: mi sembra di vivere in un sogno, in un luogo dove il tocco umano non riesce a scalfire l’immensità.

Ancora, lungo i percorsi in pullman, piantagioni di pepe cilindriche, di anacardi, di papaia, di caucciù. Ci fermiamo a gustare in un banchetto il riso cotto in delle canne di bambù ( Nasijana). Io mi dedico alla fotografia: ci sono dei bimbi adorabili intorno a me.
L’indomani visitiamo il Bayon che si trova nell’Angkor Thom, una città fortificata costruita alla fine del XIII secolo e che fu capitale del periodo d’oro dell’impero khmer. Bayon, simbolo del monte Meru circondato dall’oceano, si trova al centro dell’antica capitale. E’ un tempio spettacolare nelle cui torri, guglie quadrangolari, sono scolpite facce, ben 216, di pietra orientate verso tutti i punti cardinali. E’ un posto misterioso, quei visi imponenti e sorridenti di Avalokiteshvara, il Budda compassionevole, che osservano tutti e tutto mi legano alla gente di questi luoghi vissuta oltre mille anni fa. Incredibile! Un’emozione unica! Notevoli i bassorilievi tra mitologia, storia e vita mondana. Tramite essi si è scoperta l’origine buddhista del tempio nel XIII secolo successivamente convertito al culto induista. In questo clima di bellezza e spiritualità ammiriamo la terrazza degli elefanti e poi passeggiando intorno al tempio, quando il sole volge già al tramonto, mi imbatto in un dipinto di Madre Natura: le cime del Bayon si specchiano in una pozza d’acqua. Il ventre della terra è pronto ad accogliere il sole e a cullarlo. Altri templi ancora…uno più bello dell’altro.

Leave a comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.