Il diario del nostro viaggio in Vietnam e Cambogia

Phom Penh

Proseguiamo il nostro tour: oggi è ferragosto. 
Le meraviglie di Angkor, patrimonio dell’umanità, sono vicine.
Partiamo con un motoscafo per la Cambogia, il paese più povero del mondo e navighiamo per oltre cinque ore tra la vita lungo il fiume, dove buddismo e induismo s’incontrano e si fondono. Quando da lontano s’intravede lo skyline di Phom Penh, la capitale della Cambogia, si ha un segno tangibile che il paese va avanti anche se appare sospeso tra l’atavica povertà dei contadini e la prosperità di pochi.
Iniziamo subito il giro della città: la prima sosta è al museo. E’ situato in un elegante edificio in mattoni e ospita la più bella collezione al mondo di sculture Khmer appartenenti a varie epoche. Bellissime statue millenarie induiste e buddiste testimoniano di come queste due religioni si sono, nel tempo, alternate. Nel museo e nel giardino fotografo alcuni monaci buddisti tra cui un bambino. Rimango colpita dal fatto che non ricambiano i nostri sorrisi. Mah!
Il palazzo reale, che ricorda quello di Bangkok, è formato da tanti padiglioni. E’ suddiviso in tre aree: la sala del trono, quella della pagoda d’argento e l’area privata riservata agli attuali regnanti.
Il palazzo del trono ha una torre alta quasi 60 metri: ancora oggi viene usato per le incoronazioni. Nel suo interno ci sono ben tre troni e sculture in oro. Facciamo un giro tra i vari sontuosi padiglioni e poi ci rechiamo al complesso della pagoda d’argento che, per fortuna, è stata risparmiata dalla guerra civile con i khmer rossi. Incredibile! Il pavimento è formato da 5000 piastrelle d’argento ben protette: se ne riesce a scorgere solo qualcuna guardando molto attentamente. Intorno immensi giardini con ninfee e fiori di loto e tanti supa.
Oggi è ferragosto e la sera accettiamo ben volentieri di continuare la tradizione degli amici Luisa e Gianluca e al Royal Raffle, il nostro hotel, prendiamo un aperitivo. Il tutto all’insegna di un rapporto di amicizia instaurato con tutti che, ahimè, finirà appena rientrati in Italia. Che tristezza! Di questo siamo coscienti tutti e non si potrà mai capire il perché, ma ognuno di noi resterà sempre nel cuore dell’altro per aver condiviso qualcosa di veramente speciale. Nei cuori questo rapporto non si spegnerà mai.
La mattina successiva approfondiamo singolarmente la visita della città e un gruppo di noi con un tuk-tuk si reca al carcere di Tuol Sleng che testimonia il genocidio cambogiano. Il 17 aprile del 1975 Phnon Penh capitolò e i khmer rossi guidati da Pol Pot conquistarono il potere: iniziò l’era del terrore. I Khmer rossi imposero un comunismo radicale: evacuarono tutti i cittadini delle città e li deportarono nelle campagne. Furono sterminati senza pietà intellettuali, cristiani, musulmani, monaci buddisti e anche chi era in possesso di un libro e di un paio di occhiali. E’ proprio vero: la cultura fa paura. Fu uno degli eccidi più mostruosi del 900 e, in soli quattro anni, un terzo della popolazione fu uccisa e il mondo tacque.
Visitare questo antico liceo, trasformato nel carcere S-21, lascia veramente il segno. Le aule trasformate in piccole celle e poi…le camere di tortura…le fotografie…e quelle vetrine piene di teschi umani.
Ho voglia solo di scappare da questo luogo e con un tuk-tuk facciamo un giretto nella città, dove osservo diversi monaci buddisti che cercano l’elemosina e…la popolazione…i cinquantenni che hanno vissuto, da vittime, il regime di Pol Pot…i giovani, vittime del cambiamento, sembrano non avere memoria.
 

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