Perù: leggi il diario

In serata raggiungiamo il centro della città e, dopo aver fatto un giro nei suoi punti nevralgici, ceniamo in compagnia di alcuni amici del gruppo.

X giorno

Si parte per il giro di Arequipa, ma prima facciamo una sosta panoramica per ammirare il vulcano che domina la città. In questo belvedere c’è un giardino con diverse piante tropicali e mi soffermo ad ammirare il frutto della passiflora detto della passione che qualche giorno prima avevo mangiato a colazione in hotel. Il nome fa riferimento non a poteri afrodisiaci, come si può facilmente pensare, ma alla passione di Cristo: furono i gesuiti che, nel tentativo di convertire gli indios, associarono la corolla del fiore alla corona di spine del Gesù dei Cristiani.


 E qui, ancora una volta, vediamo in gabbia i teneri porcellini d’India che poi finiranno arrostiti interi nelle tavole. Io mostro la mia riluttanza alla guida che mi fa un’esorbitante battuta: – dopo averlo mangiato puoi sempre bere l’estratto di mariri per metterti in contatto con lui nell’aldilà. Fa scherzosamente riferimento all’ ayahuasca utilizzata dagli sciamani per viaggiare nel subconscio e stabilire “ contatti” con i loro avi e con il mondo divino. Proseguiamo e il nostro autista ci lascia a Plaz de Armas dove ammiriamo la cattedrale neoclassica circondata dai portici che, malgrado sia stata più volte distrutta da catastrofi naturali, ha sempre riacquistato il suo antico splendore. Raggiungiamo, nel lato sud  della piazza, la chiesa gesuita con il suo stupendo altare barocco rivestito di lamine d’oro; questa chiesa ha resistito miracolosamente alle potenti scosse sismiche dei secoli passati. Ed eccoci al monumento più significativo di Arequipa: il Monastero di Santa Caterina  che è una città nella città i cui edifici color pastello sono situati tra stretti vicoli e piazzette spartane. Io sinceramente non ho respirato, tra quelle celle, l’atmosfera meditativa tanto esaltata dalla guida forse perché avevo letto la storia sull’origine del luogo. Fondato nel 1580 da una ricca vedova  all’origine il monastero ospitava le figlie dell’alta borghesia spagnola che, una volta divenute suore, avevano a disposizione diverse schiave nere e conducevano una vita non certo all’insegna della castità e della povertà. Solo tre secoli dopo Pio IX diede dignità al monastero che divenne luogo di preghiera e di clausura. 

Nel pomeriggio visitiamo il museo Santury dove è conservata Juanita, una vergine inca sacrificata oltre 500 anni fa nei pressi della cima del vulcano Ampato. Fu scoperta a metà anni novanta del secolo scorso da un esploratore in seguito ad un’eruzione vulcanica che fece crollare una parete dell’Ampato. Gli Incas adoravano le montagne e offrivano loro sacrifici, anche umani, per propiziarsi agli dei. Juanita, la principessa di ghiaccio, cresciuta nella casa delle vergini, era consapevole del suo destino del quale era orgogliosa: doveva recare agli dei il  messaggio accorato del suo popolo. La visita al museo è preceduta dalla visione di un filmato che rievoca gli ultimi giorni della bambina, di quella Jaunita che arrivò insieme ai sacerdoti alla cima del vulcano e durante il rituale, detto capacocha, dopo aver bevuto una bevanda a base di droga, venne uccisa con un colpo di clava. Entriamo nel museo con un particolare pathos, avvolti da un’atmosfera mistica; ci vengono mostrati gli oggetti di vasellame e le statuine d’oro e d’argento trovati nei pressi del luogo del sacrificio che facevano parte del corredo funebre.

Leave a comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.