Perù: leggi il diario

Questa valle, in alcuni punti abitabile, con insediamenti precolombiani è immensa e offre paesaggi naturali ricchi di terrazzamenti, alcuni dei quali, quelli più accessibili, ancora oggi, sono adibiti alla coltivazione di cereali. Il viaggio è molto lungo e facciamo molte soste che ci consentono di ammirare, in delle cornici naturali, gruppi di vigogne e di alpaca allo stato brado e fenicotteri e altri uccelli alle rive dei laghi intenti a pescare.


Siamo circondati da tre vulcani ed è qui, sull’Ampato, che è stata ritrovata la mummia bambina Juanita. Gli Incas in occasioni di grandi festeggiamenti non solo sacrificavano animali e bevevano il loro sangue, ma sacrificavano anche dei bambini che avevano il compito di recare al Dio Sole i messaggi di preghiera del  popolo. Nelle varie soste veniamo accolti da donne e bambini in costumi tipici ricchi di pizzi e medaglioni: si fanno fotografare in cambio di qualche sol. Raggiungiamo il nostro hotel dopo aver percorso un’immensa strada a serpentina le cui pareti, in alcuni tratti, hanno delle spettacolari formazioni rocciose dal particolare colore per la presenza di minerali come il rame e il ferro ed io, con la mia fantasia, intravedo gnomi e camini delle fate. In serata, dopo cena, concordiamo con la nostra guida la sveglia molto anticipata perché l’indomani ci aspetta un bel tragitto per raggiungere La Cruz del Condor.

IX giorno.

Lungo la strada che porta alla Croce del Condor ci fermiamo in dei paesini dove troviamo delle donne, in abiti tradizionali, con delle aquile che saltano sulle nostre spalle e noi abbiamo così modo di immortalare “il nostro coraggio” con riprese e fotografie. Visitiamo  anche delle chiese del periodo coloniale in tufo le cui facciate sono decorate con disegni pagani e cristiani: non si deve dimenticare che in questi luoghi andini la Pachamama convive liberamente con la Madonna cristiana. Stiamo costeggiando il versante meridionale del Canyon dagli aridi pendii ricchi di cactus; arrivati ci troviamo di fronte ad uno scenario indescrivibile: condor che si esibiscono in eleganti e vorticosi voli e non osiamo nemmeno parlare per non rompere il silenzio che è intorno a noi. Questi uccelli, secondo le antiche civiltà precolombiane, erano delle divinità che accompagnavano le anime dei morti in cielo. Un pensiero mi rattrista: quando i conquistatores, a Sacsayhuaman, massacrarono gli Incas uccisero i condor che si erano avvicinati ai cadaveri e portarono i loro corpi, come trofei, in città per dimostrare a tutti che avevano sconfitto anche gli dei. Che brutalità!  Non avrei voluto mai lasciare questo abisso serpeggiante, ma dobbiamo ritornare al pullman e ricomporre il gruppo.

Durante la strada del ritorno a Colca ci fermiamo ad osservare una parete rocciosa dove ci sono delle tombe preincaiche i cui morti mummificati venivano calati con delle funi dall’alto: erano le  dimore eterne dei contadini. Io, come faccio spesso, raccolgo un sasso e innalzo una delle tante piramidi che ci sono intorno a me. Riprendiamo il nostro tour e nel tardo pomeriggio arriviamo ad Arequipa, la seconda città peruviana, costruita ai piedi del vulcano El Misti. La gente del posto è solita dire: “Quando la luna si è separata dalla terra si è dimenticata di prendere con sé Arequipa” . Chiamata la città bianca  per i suoi edifici coloniali costruiti con  il sillar, scintillante e bianca roccia vulcanica, ha inspiegabilmente resistito a periodiche eruzioni vulcaniche e a catastrofiche scosse sismiche. Siamo in un’area che la nostra stessa guida definisce una bomba ad orologeria: l’uomo ha costruito senza chiedere il permesso al vulcano. Sarà anche qui il risultato di lottizzazioni selvagge o puro e semplice abusivismo?

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