Egitto: leggi il diario

Diceva Sant’Agostino, uno dei più eminenti dottori della chiesa d’occidente: il mondo è un libro e chi non viaggia ne conosce solo una pagina.

Il mio viaggio in Egitto inizia con la speranza di poter leggere, insieme al mio compagno di sempre, ancora tantissime altre pagine di questo meraviglioso libro.

Siamo all’aeroporto di Malpensa in attesa dell’imbarco per Il Cairo; è un’estenuante attesa di diverse ore durante le quali osservo il brulicare dei viaggiatori con i loro bagagli pieni di sogni e di avventure. Come al solito galoppo indisturbata nelle immense praterie della fantasia e ho la sensazione del “dejà vu” e alcune persone mi sembrano volti noti, incontrati in qualche parte del mondo. Le vorrei come globetrotter dei miei viaggi. Il loro volto sereno non ha nessuna maschera sociale e sembra libero da qualsiasi forma di pregiudizio. Vorrei poter volare come un gabbiano insieme a loro sopra un azzurro mare e, con incessanti battiti d’ali, conquistare nuovi orizzonti e condividere emozioni e sensazioni uniche nell’assaporare le sfaccettature di posti sconosciuti.


Si decolla finalmente alla volta del Cairo, una delle metropoli più grandi del mondo, dove assaporeremo una calma  che è solo apparente. Sarà vero, come è scritto nelle “mille e una notte” che chi non ha visto Il Cairo non ha visto il mondo? Questa pagina del libro mondo sarà sicuramente eccezionale in quanto è proprio qui che l’uomo ha cominciato a scrivere la sua storia, la storia di una civiltà, che a distanza di millenni, affascina ancora. Sto atterrando in una terra dove si è sviluppata, molto prima di Cristo, una delle civiltà più longeve dominata dai faraoni, intermediari tra l’umanità e gli dei, che “dovevano in terra agire da dei creatori e vincere attraverso la propria natura divina l’imperfezione dell’uomo”.
La mattina successiva, dopo aver fatto conoscenza con il nostro gruppo, visitiamo la necropoli di Giza, a pochi minuti dal nostro hotel, dove c’è la piramide di Cheope, una delle sette meraviglie del mondo, quella di Chefren e di Micerino e la famosissima Sfinge dall’enigmatico volto, simbolo della forza e dell’intelligenza del dio faraone.


Il territorio delle piramidi emerge dal deserto libico a occidente sulla riva ovest del Nilo, la regione del tramonto attraverso la quale lo spirito del faraone poteva facilmente raggiungere lo spazio celeste e ricongiungersi con le divinità. Questo è il luogo del grande mistero opera di architetti dalle grandi prodezze tecniche che hanno progettato le piramidi con l’ingresso a nord, tenendo conto non solo dell’orientamento e della costellazione di Orione, che era considerata la dimora celeste del dio Osiride, ma anche della stella polare che rappresentava il sole di notte. Osservo queste opere architettoniche straordinarie e mi viene in mente la civiltà di Atlantide, l’isola sommersa, e mi chiedo: sarà esistita davvero? Queste opere titaniche, vere e proprie incognite archeologiche da chi effettivamente sono state edificate? I racconti di Erodoto hanno un fondo di verità?  Il mio sguardo si posa sull’imponente e ciclopica sfinge situata vicino i templi dove i sacerdoti mummificavano i corpi, quel colosso scavato nella roccia dal corpo leonino e dalla testa faraonica di Chefren che guarda verso est e sembra custodire il grande segreto della piana; solo lei, testimone delle inondazioni del Nilo e con i segni dell’erosione, causati dai vari agenti atmosferici, potrebbe rivelare i misteriosi segreti di quest’area unica al mondo che fa sognare ad occhi aperti.
Ai piedi della grande piramide, al lato sud, c’è una barca solare in legno di cedro di 5000 anni che, nella credenza egizia, ha trasportato l’anima di Cheope con il dio Ra verso il regno dei morti dopo aver attraversato il fiume Nilo.

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