Usa 2014: leggi il diario

Nei giorni successivi la nebbia si dirada e la vista sulla baia con i suoi isolotti, alcuni dei quali si possono per la bassa marea raggiungere anche a piedi, appare nella sua bellezza: non vorrei mai lasciare questo incantevole posto.La mostra oceanografica e delle macchine d’epoca e per finire il campo da mini golf nel “ covo di capitan Uncino” hanno allietato anche Simone che non ha più abbandonato i suoi tesori e la performance del piccolo pirata.Si riparte alla volta di Portland. Ci fermiamo a Camdem, un villaggio porto con le sue isole sempre verdi: un luogo elegante, senza tempo. Le visite ai fari sono d’obbligo: ci fermiamo, anche a quello la cui effige è sulla moneta di un quarto di dollaro. I fari, in questo scorcio di America, più che in un altro posto, sconfinano nella pura poesia. Appaiono insolitamente romantici e avventurosi, custodi di un rifugio tutto cielo e mare, dove si diventa facilmente protagonisti solo di se stessi.Chissà per quanti giorni… potrei vivere in un faro…

Arriviamo, finalmente, a Portland la città più grande del Maine col suo stupendo paesaggio oceanico e le sue decorate ville molto anglosassoni. Che belle passeggiate! L’ennesimo faro, il più antico del Maine,

è avvolto nella nebbia: anche questo è degno di un libro di Stefen King. Siamo diretti alla baia di Cape Code: le balene ci aspettano.  Nel porto di Chatham, ricco di foche e gabbiani, assistiamo, al Pesce Pier, all’arrivo del pescato del giorno: vengono scaricate dai pescherecci tonnellate di pesce pronto per la grande distribuzione.  Ci fermiamo, in seguito, alla punta estrema di questa penisola: Provincetown, una coloratissima cittadina dove la diversità non è diversità.  Eterosessuali e omosessuali convivono liberamente: ognuno si sente libero e felice di appartenere a questo paradiso sociale dove cultura gay ed eterosessualità sono parti integranti dell’identità umana. Tutto questo è la testimonianza di un processo evolutivo che dovrebbe coinvolgere il mondo intero: è il frutto dell’anelito umano per la libertà. Il mio spirito anticonformista e privo di tabù di scorta, in questo piccolo paradiso, sembra trovare la sua pace: finalmente l’essere non s’identifica con l’apparire. In questo lembo di terra, proteso verso l’oceano, lontano dalle grandi metropoli tra spiagge incontaminate, tra dune di sabbia e deliziosi fari facciamo, a poche miglia dalla costa un’esperienza unica: incontri ravvicinati con le signore dell’oceano, le mastodontiche balene. Al molo, alla partenza per la nostra crociera, le speranze di avvistare almeno uno di questi cetacei si affievoliscono: piove a dirotto.

Man mano che ci allontaniamo dalla costa qualcosa cambia: le nuvole vengono improvvisamente spazzate via da un vento sibilante e un tiepido sole accarezza la nostra pelle. Veniamo ben presto premiati…

Vedere una balena da vicino è un’esperienza entusiasmante per noi che conosciamo solo la gloriosa eroina di Melville: Moby Dick. Facciamo diversi avvistamenti, a qualche metro dalla nostra imbarcazione. Emergono facilmente dall’acqua e mostrano code, teste e i loro spruzzi prima lontani e poi sempre più vicini, … sempre più vicini. Danzano liberamente davanti a noi che accompagniamo i loro movimenti, spostandoci da una parte all’altra dell’imbarcazione, con grandi boati di gioia. Uno spettacolo che cattura l’anima: non so perché questi cetacei, i grandi colossi del mare, riescono a trasmettere una grande energia e tanta tristezza quando ci si separa da loro. Le emozioni di Vancouver si ripetono. 

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