Namibia: leggi il diario

19 agosto: Cape Cross – Damaraland
Si riparte di buon’ora lungo la Skeleton Coast alla volta di Cape Cross.Sulla sinistra l’oceano sconfinato avvolto nella nebbia le cui acque ospitano relitti di navi naufragate in seguito a violente tempeste. Sono veramente spettrali: non a caso ci troviamo nella costa degli scheletri.Attraversiamo zone desertiche con dune di sabbia che s’infrangono lungo le spiagge senza confini. Non c’è vita: il corpo si libera del proprio spirito facilmente e riesce a navigare in un’altra dimensione dove la pace interiore è sovrana.Deserto, ancora deserto dove spuntano montagne nere e rosse: ogni paesaggio è sempre diverso. La natura esprime al meglio la sua biodiversità.Facciamo sosta a Cape Cross dove ammiriamo un’enorme colonia di otarie che hanno il pelo ricoperto da una corta pelliccia che consente loro di vivere in queste gelide acque: il concerto musicale è degno di grande nota, richiami di una melodia impeccabile.E’ qui che troviamo il famoso Padrao, una croce di pietra calcarea che ricorda lo sbarco di un navigatore portoghese che, come altri europei, nel lontano 1490 cercava un percorso alternativo verso oriente: era il periodo in cui Bisanzio era caduta in mano ottomana.Riprendiamo il nostro viaggio e scopriamo un’attività commerciale all’insegna dell’onestà: da noi, in Italia, non funzionerebbe sicuramente.  Banchetti dove sono esposti cristalli di sale con relativo prezzo: non c’è nessuno. La vendita è col morto, basta lasciare i soldini in un barattolino di vetro ben chiuso.Il paesaggio continua a cambiare, s’intravedono torri merlate, elefanti, giraffe, tartarughe scolpite nelle rocce dall’erosione e tantissimi coni vulcanici. Che vedo! Ci sono ancora altri totem: gli indiani d’America sono arrivati anche qui.La natura è una tavolozza dove si può dipingere qualsiasi cosa, basta mettere a nudo la creatività.

Tra questi paesaggi senza fine finalmente la vita: una famiglia di elefanti che attraversa la strada. Che meraviglia! Il piccolo uomo ha ancora tanto da apprendere dalla grande naturaFacciamo una sosta alla Burnt Montain, un altro paesaggio di desolazione tra rocce colorate che contrastano il contesto grigio. Tra queste rocce tantissimi fossili e delle curiose formazioni geologiche, le organ pipes: lastre di basalto in un letto di un fiume. Lungo il tragitto passiamo dalla zona abitata dagli Herero, un popolo di pastori e di allevatori le cui donne sono inconfondibili per il particolare abbigliamento che risale all’epoca coloniale: un abito vittoriano con un cappello dello stesso colore a forma di corno.
Qui tra l’altro compriamo le loro bamboline e io scatto tantissime foto a dei bambini che ci regalano ingenui sorrisi. Una bella luna piena ci attende al lodge: la gomma a terra è un lontano ricordo. 
20 agosto: verso Kaokoland: la regione del popolo Himba
Visita al sito archeologico di Twyfelfonbein, un’ampia vallata ricca di arbusti e di stupende e inusuali rocce rosse di arenaria scolpite dal tempo e dall’uomo preistorico. Le incisioni rupestri appartengono a gruppi di cacciatori boscimani e rappresentano per lo più animali selvaggi africani, tramite i quali comunicavano sicuramente con l’aldilà. Sono una silenziosa testimonianza di vita preistorica e dei rituali degli sciamani che hanno lasciato come firma i loro piedi.

Facciamo un’altra sosta alla foresta pietrificata nella silice. E’ ricca di tronchi sdraiati privi di rami e di radici risalenti a oltre 200 milioni di anni fa, trasportati in questo luogo da una gigantesca alluvione alla fine dell’era glaciale: una catastrofe ecologica di grandi dimensioni risalente a tantissimi anni prima della comparsa dell’uomo sulla terra.Raggiungiamo, scortati da un altro spettacolare tramonto, Opuwo, una cittadina che è un vero cocktail umano: etnie diverse e con diverse culture convivono nel rispetto della propria identità.  Oggi abbiamo fatto un tuffo nel passato africano, nella sua preistoria e nelle ere geologiche che si perdono nella notte dei tempi.  Si arriva in un punto dove le emozioni accumulate sono tante per cui non si riesce ad esprimerle con parole: le senti dentro e basta. 

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