India: leggi il diario

L’interno è molto semplice, nella camera funeraria si trovano le tombe imperiali e come detta la tradizione islamica i corpi sono sepolti con le facce verso la Mecca, la città santa. Dall’alto sul sarcofago di Mahal situato sotto la cupola centrale pende una lampada e si dice che non sia mai stata e non sarà mai lasciata spegnere: la fiamma dell’amore che arde. Deve continuare ad ardere per sempre e deve essere di buon auspicio per tutti: l’amore è salvo e, in un certo senso, si perpetua nel tempo, anche dopo la morte.  Nel pomeriggio  si va al forte rosso, un’altra vera sintesi tra induismo ed islam; per entrare ci facciamo spazio tra un’agguerrita folla di venditori molto insistenti che vogliono a tutti i costi farci comprare le loro mercanzie per poche rupie.

Veniamo subito attratti dalla torre ottagonale, una gigantesca fortificazione dove, si narra, fu rinchiuso l’imperatore Jahan: mi sembra di avvertire il dolore di un padre tradito dal proprio figlio e il pianto di un re che morì d’amore. La fortezza ha una veduta incantevole sul fiume e sul Taj Mahal: la stessa veduta che aveva l’imperatore prigioniero. Una leggenda narra che nelle notti di luna piena si sentono i suoi passi: la sua anima ritorna a girovagare tra questi luoghi che incarnano “ tutto ciò che è puro, santo e infelice”. Mi soffermo anch’io a fotografare da diversi punti il risplendente mausoleo e ad osservarlo ancora per un po’: custodirò per sempre nello scrigno del mio cuore questa veduta e l’atmosfera speciale che riesce a creare.

Concludiamo la serata con la visita alla tomba di Itmad Ud Daulah anch’essa in marmo bianco con disegni floreali e geometrici ispirati al Taj Mahal ma non trasmette quelle emozioni provate in quel luogo indimenticabile e ameno. Nel ritornare in hotel Agra ci appare più sporca e caotica del mattino: i contrasti tra povertà e splendore caratterizzano questo nostro viaggio. A prima mattina ci trasferiamo alla stazione ferroviaria e con il treno raggiungiamo Gwalior; qui visitiamo un’imponente e colorata fortezza decorata con lapislazzuli  che si arrocca a strapiombo su una collina rocciosa. Indimenticabile la tortuosa salita al forte con le grotte degli asceti ricche di sculture di Tirthankara  inserite in delle nicchie.

Proseguiamo per Orcha che sorge su un’isola rocciosa in un’ansa del fiume Betwa; facciamo un giro per la città e visitiamo il forte, un palazzo a più piani in arenaria rossa con maioliche di lapislazzuli. Dopo il pranzo si parte alla volta di Khajuraho dove arriviamo la sera giusto in tempo per cenare e per assistere ad uno spettacolo al centro culturale Kandhariya.

Il mattino successivo visitiamo i templi occidentali induisti e nel pomeriggio quelli orientali del Gianaismo dalle erotiche sculture che testimoniano l’alto livello culturale raggiunto dalla società indiana intorno all’anno mille dalla dinastia Chandela.  I templi famosi per le numerose sculture erotiche ”nelle infinite posizioni del Kamasutra” sono delle vere e proprie celebrazioni dell’amore che per gli indiani, non solo è una parte della vita molto importante per lo sviluppo umano ma è anche un mezzo che tende verso il divino, una vera e propria esperienza spirituale. Il vero erotismo è riprodotto nelle parti basse dei templi, in alto, invece le scene riguardono il mithuna ovvero l’accoppiamento degli dei dal quale si origina l’energia vitale che viene trasferita agli uomini. Dedicati a varie divinità questi templi celebrano l’energia creativa della procreazione e non sono assolutamente una riproduzione plastica del Kamasutra. I volti raffigurati sono simboli della beatitudine, come ci riferisce la nostra guida, la stessa estasi mistica che viene raffigurata nel volto di Buddha e in quello di Shiva. Facciamo poi una passeggiata nel vicino villaggio rurale dove una multitudine di bambini ci circonda affettuosamente e noi regaliamo loro caramelle, penne e quaderni. Al mattino facciamo un’escursione al parco Raneh Falls, un posto molto suggestivo dal punto di vista naturalistico: le cascate che precipitavano dalle rocce rosse e nere mi hanno riportato con la fantasia lungo le rive del Colorado. Nel primo pomeriggio siamo in volo alla volta di Varanasi, la città santa dell’Induismo, situata sulla riva occidentale, quella pura del fiume Gange; è la vera anima spirituale dell’India, il luogo delle abluzioni nel fiume sacro, dei ghat, delle pire ed è il luogo dove giungono da ogni parte malati terminali che qui aspettono la morte con la speranza di raggiungere il Nirvana o una vita migliore nella successiva reincarnazione. All’ora del tramonto con un tuk-tuk tra un traffico infernale e micidiali suoni di clacson attraversiamo la città della morte e della vita che puzza di inquinamento e di escrementi di vacca “sacri ma puzzolenti”.  

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