Nepal: leggi il diario

L’indomani si va a Dakshinkali, cittadina a 17 Km da Kathmandu, un importante centro di pellegrinaggio per i fedeli della dea Kalì, la sanguinaria sposa di Shiva sterminatrice dei malvagi raffigurata con quattro braccia che gocciolano sangue e con una nutrita collana di teschi umani. Il tempio è situato vicino ad un torrente, vi arriviamo attraverso un mercato dagli indimenticabili colori ricco di fiori e di profumi. Gli animali offerti alla dea per placarla vengono sgozzati e il sangue viene schizzato sui muri dove ci sono le statue del dio Ganesh, il dio più amato dall’ Induismo raffigurato da un uomo tozzo con la testa di elefante: è la divinità che viene invocata all’inizio di ogni cerimonia. Intorno a noi regna sovrana un’atmosfera mistica che ci coinvolge, i devoti accendono i ceri in delle ciotoline con del grasso, nell’aria c’è il profumo dei bastoncini d’incenso che fumano e delle ghirlande di fiori di sandalo e di gelsomino. Tutti pregano con le mani congiunte ed hanno il bindu in fronte, quel punto rosso fatto con polveri vegetali colorate. Un santone mi fa segno di avvicinarmi e mi fa questo segno sulla fronte e mi sembra di appartenere a questo magico mondo dove sopravvive una spiritualità unica al mondo.


Nel pomeriggio visitiamo Patan, la cittadina ricca di tibetani, detta “ la città delle belle arti”, dai templi indiani che ricordano i picchi delle montagne: il più spettacolare è il Golden Temple dalle decorazioni a dir poco affascinanti.Domina la città il grande stupa Swayambhunath che risale a circa 2000 anni fa, uno dei più antichi luoghi religiosi situato su di una collina che una leggenda vuole farlo derivare da un loto. Il monumento buddista ha tante bandiere mosse dal vento che rappresentano le preghiere dei fedeli e con gli occhi del Buddha in alto il cui naso ha la forma del punto interrogativo che, come ci spiega la nostra guida, è il simbolo dell’unità delle vite: l’uno nepalese.

C’è un via vai di fedeli, profumi di fiori, di incensi e di ceri accesi, tanti monaci tibetani e ognuno, in silenzio, fa girare la ruota delle preghiere. Facciamo il giro dello stupa e accarezziamo con le mani le ruote della preghiera e un monaco ci mette al polso un cordoncino giallo e ci benedice. Ad un certo punto salgo velocemente la gradinata che porta in cima al tempio tra le varie bandierine e saluto con la mano non solo il mio Giovanni ma anche il mondo intero.

Finisce così il nostro viaggio in Nepal, uno dei paesi più poveri del mondo dove convivono pacificamente importanti diversità culturali e religiose.
                                                                                                          Betty Ranieri

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