Messico: leggi il diario

Messico e Guatemala

Questo è il viaggio del nostro overbooking all’aeroporto di partenza, per cui raggiungiamo Città del Messico con un giorno di ritardo.

I giorno

Arrivati all’aeroporto di Città del Messico non c’è nessuna guida ad attenderci e con un taxi raggiungiamo il nostro hotel; solo in serata ci ricongiungiamo con il nostro gruppo.

II giorno

Visita della città, la più grande del mondo con i suoi ventiquattro milioni di abitanti. Ci immergiamo col pullman nel traffico caotico delle avenida e ci fermiamo alla piazza centrale della Costituzione, una delle più grandi del mondo, meglio conosciuta come lo zocalo, circondata da palazzi barocchi tra cui spiccano l’imponente cattedrale e la sede del governo, cuore politico e amministrativo della città, nel cui interno ammiriamo, nello scalone del palazzo, i murales di Diego Rivera di grande rilevanza artistica dove si riassume tutta la storia messicana dall’invasione spagnola fino all’inizio del secolo scorso. La piazza è un vero teatro di vita dove si avverte un’atmosfera ancestrale e magica che ci coinvolge. E’ ricca di tantissime bancarelle e noi ne approfittiamo subito spendendo i primi pesos in delle chincaglierie; ci sono tanti danzatori in costumi aztechi coloratissimi e ricchi di piume che improvvisano dei veri e propri spettacoli, vecchie danze purificatrici al ritmo dei tamburi. Entriamo nella cattedrale che sorge su un tempio dedicato al dio vento, un sito azteco detto Tzompantli, dove venivano esposti i teschi dei guerrieri uccisi e nel suo interno ammiriamo i tre altari, a testimonianza della presenza spagnola, e dei fregi vertiginosi. In questo posto rivolgo una preghiera all’Eterno affinché madre natura preservi questi luoghi dal bradisismo: ogni anno, infatti, Città del Messico sprofonda di diversi centimetri per questo fenomeno naturale e non per la maledizione azteca come da leggenda. Facciamo poi una passeggiata nelle stradine adiacenti allo zocalo e sbirciamo nelle “cantinas” dove i “machos” bevono tequila e cerveza; nell’aria si avverte l’odore del fritto dei tacos che riesce a coprire quell’aria ricca di smog. Nel pomeriggio, dopo aver fatto una visita panoramica e veloce alle rovine del tempio azteco Mayor, raggiungiamo la basilica di Nostra Signora di Guadalupe, il più grande centro religioso dell’America latina dove un tapis roulant, modello aeroporto, regola il flusso dei visitatori che ordinatamente passano sotto l’immagine della madonna. In seguito visitiamo il sito dei tre grandi edifici: la piramide della luna, la piramide del sole e la cittadella costruiti sulla “strada dei morti”. Siamo a Tetihuan, uno dei centri religiosi più imponenti dell’antichità costruito da diversi gruppi etnici: Ecco il viale dei morti con le imponenti piramidi: quella del sole costruita su quattro livelli e quella della luna, più piccola. Meravigliosa è la visione dall’alto sull’immenso viale orientato secondo il percorso del sole: numerosi sono i resti di palazzi con particolari decorazioni di giaguari, serpenti e animali mitologici. A sud del viale c’è la cittadella, riservata ai sacerdoti, ricca di decorazioni con teste di serpenti con i collari a undici petali e con maschere dalle grandi zanne e dagli occhi enormi e cerchiati. Qui venivano compiuti riti religiosi che includevano anche sacrifici umani.

III giorno

Raggiungiamo con un volo Tuxtla Gutierrez. Con una lancia facciamo la discesa del Canyon Sumidero lungo le acque del fiume Grijalva: siamo nello stato del Chiapas. Intorno a noi uno spettacolo veramente impressionante: attraversiamo una gigantesca fenditura tra le montagne, tra incredibili vegetazioni, tra coccodrilli, iguane, uccelli e scimmie. Indimenticabili le grotte, impressionanti cavità geologiche e la spettacolare cascata a forma di albero di Natale cosparsa di terra verdognola che richiama il muschio e dei fiorellini viola. A pranzo ci fermiamo a Chiapa de Corzo e poi proseguiamo per San Cristobal de Las Casas.

IV giorno

Durante la mattinata visitiamo uno dei più tipici mercati della zona, una vera festa di costumi e di colori tra i banchi della frutta, dei fiori, delle verdure e delle erbe medicinali. Come dimenticare la miriade di mosche sui banchi della carne: che disgusto! Non ho mangiato carne per tutta la mia permanenza in Messico: il Messico è anche questo. Ripartiamo per l’escursione a San Juan Chamula alla cui entrata su di una collinetta c’è il cimitero dalle colorate croci e la nostra guida ci spiega che per gli indios riposa in pace solo chi è morto di morte naturale, gli altri defunti soffrono in quanto vagano sotto forma di ombre in terra. Le case sono di fango e di bambu, si intravedono donne che cardano la lana e uomini che lavorano; alcune donne tengono legati a sé i loro piccoli con il rebozo. La piazza è stracolma di indios che vendono i loro souvenir e di ragazze nei loro coloratissimi abiti che ci inseguono con le loro collanine. Visitiamo la chiesa la cui facciata esterna è allegra e festosa, ma nel suo interno c’è un misterioso clima dove cristianità e spiritualità si mescolano con riti maya. L’interno è ricco di statue di legno e sul pavimento, ricoperto di aghi di pini, ci sono centinaia di candele colorate accese; tante famiglie indios pregano e nei sacchi di yuta hanno delle galline che gli sciamani, intermediari tra terra e cielo, sacrificheranno per tenere lontano lo spirito del male e per ottenere guarigioni. Il male passa alla gallina che viene, dopo essere strozzata buttata via; a conclusione del rito lo sciamano beve coca cola e rum e fa “rutti” purificatori. Osserviamo queste scene in disparte e facciamo di tutto per non ostacolare le funzioni religiose che sono sempre, anche se per noi strane, testimonianze di una fede profonda e di un amore infinito verso il soprannaturale. Ogni credo deve essere rispettato, in fondo i cuori di questi indios proclamano l’esistenza di un Dio che è unico tra i popoli. All’uscita veniamo circondati da bambini ai quali regaliamo penne, matite e caramelle; la guida ci aveva avvisati di non dare loro soldi per non abituarli all’accattonaggio. Ritorniamo al pullman inseguiti, ancora una volta, dalle solite ragazze che vogliono a tutti i costi venderci le loro collane e i loro braccialetti: sembrano donne mature, ma sicuramente sono solo delle adolescenti in quanto in questi posti si dimostra un’età completamente diversa da quella che si ha effettivamente. 

V giorno

In mattinata partiamo per la Mesilla al confine con il Guatemala e raggiungiamo il lago Atitlan nelle cui acque si specchiano i vulcani non più attivi di San Pedro: Atitlan e Soliman. Quella serata su quel placido lago, uno specchio incantato, circondato da vulcani e da piantagioni di caffè ci regala spettacoli molto suggestivi e indimenticabili e le notizie riportate dalla nostra guida che sul fondo del lago ci sono i resti di una città Maya sommersa rende ulteriormente misterioso questo paesaggio.

VI giorno

In mattinata partiamo per Chichicastenango dove visitiamo il pittoresco mercato indios: una vera sinfonia di colori. E’ qui che con pochissimi quetzales compriamo delle coloratissime amache e dei cappelli. Nel pomeriggio facciamo un giro in barca sul lago sulle cui rive vivono diverse comunità indigene e visitiamo Santo Antonio Palopò con la sua tipica chiesa dove le statue in legno sono avvolte negli scialli ricamati dalle donne del villaggio. Qui la divinità più amata è una statua senza braccia con il sigaro in bocca; gli indios inginocchiati bevono, suonano la chitarra e raccontano i loro guai a cantilena. Fedeli e sciamani dispongono a terra le candeline dai colori diversi e celebrano i loro riti ancestrali agitando lattine colme di incenso. Gli uomini e le donne indossano ancora i traje, tipici costumi degli antichi maya e la cui varietà di righe, colori e ricami è veramente affascinante. Sembra di essere indietro nel tempo, gli uomini costruiscono canoe sulla riva e solo l’uso dei contenitori di plastica per attingere l’acqua del lago è un richiamo ai tempi attuali.

VII giorno

Partenza per Antigua dove ci sono testimonianze della dominazione spagnola: resti di chiese barocche, conventi e palazzi. Nella piazza principale ammiriamo lo zocalo avvolto dal profumo dei fiori e dopo aver girovagato tra gli antichi palazzi entriamo nell’ Universidad di San Carlos e visitiamo il museo dell’arte coloniale dove sono conservate opere di indios intagliatori, dall’ingenua creatività.

VIII giorno

Raggiungiamo Flores in aereo e proseguiamo per Tikal dove visitiamo l’imponente centro archeologico immerso nella giungla del Peten. Ci incamminiamo a piedi tra le rovine accompagnati da una nebbiolina umida che ci avvolge e quando compare dal nulla il primo tempio le emozioni hanno il sopravvento: siamo circondati da paesaggi che non si possono descrivere e ci lasciamo cullare da quelle visioni che fanno riaffiorare un passato di una civiltà unica al mondo. Tra tutti gli edifici spiccano le sei piramidi erette in memoria dei sovrani del luogo e ci soffermiamo al tempio del Giaguaro alto ben 44 metri, al tempio delle maschere e alla quarta piramide, la più alta dell’epoca maya, una delle strutture più imponenti. Questi edifici sembrano sfidare il cielo per le loro proporzioni. Ci arrampichiamo sia sul tempio del Giaguaro che su quello delle Maschere con l’aiuto di una corda e dall’alto dominiamo tutta Tikal: ciò che vediamo risale a qualche centinaio di anni dopo cristo. In questo luogo si svolgevano sacre cerimonie e venivano fatti anche sacrifici umani alle divinità: vengo avvolta da un brivido di terrore a questo pensiero. Sarà per questo che il cuore di Tikal ha smesso di battere? In serata ceniamo a Flores in un ristorante con un’incantevole vista sul lago.

IX giorno

In prima mattinata partiamo per Betel dove arriviamo, dopo aver attraversato la foresta del Peten per ben tre ore su una strada sterrata. Ci imbarchiamo su una lancia e attraversiamo il fiume Usumacinta dalle limacciose acque che divide il Messico dal Guatemala e navighiamo fino a Corazal ed è qui che avvistiamo numerosi coccodrilli dai quali ci teniamo a debita distanza; rientriamo di nuovo in Messico e, sempre in lancia, raggiungiamo il sito archeologico di Yaxchilan in piena giungla dove regna sovrano il silenzio che viene interrotto solo dalle scimmie e dal volo degli uccelli: ancora una volta la giungla custodisce dei preziosi tesori. Dall’alto di questi templi un mare di vegetazione senza fine che nasconde alla vista buona parte dello splendore maya.

X giorno

Proseguiamo alla volta di Palenque, un altro sito nel cuore della giungla. Questa città del Chiapas raggiunse il suo massimo splendore nel VII secolo dopo cristo durante il regno di Pakal il Grande la cui tomba fu ritrovata nel tempio delle iscrizioni con la famosa maschera funeraria di giada. L’eleganza architettonica e i preziosi bassorilievi, le torri e i passaggi sotterranei rendono questo sito veramente unico. Immancabile, come negli altri siti, il campo della pelota dove si svolgeva il famoso gioco della palla, molto diffuso tra i maya. In serata raggiungiamo Merida in aereo.

XI giorno

Escursione alle rovine di Uxmal. Al centro c’è la piramide dell’indovino dove saliamo con una certa disinvoltura, ma scendiamo con molta difficoltà: le vertigini sono sempre in agguato. Tra gli altri edifici rimaniamo affascinati dal palazzo del governatore su una triplice terrazza decorato da elaborati mosaici e dalla casa delle tartarughe. Spostato sulla sinistra l’immancabile campo della pelota. Dopo pranzo rientriamo a Merida, “ la città bianca”, per le tipiche costruzioni in calcare bianco, capitale dello Yucatan dove, a testimoniare la ricchezza del passato, ci sono le case dell’epoca coloniale in stile francese, italiano e arabo. Al centro della città lo zocalo con la cattedrale, il palazzo municipale e quello del governatore. Più a sud visitiamo un mercato, un vero alveare di merci su due piani: in quello inferiore si vendono carne e pesce in condizioni igieniche quasi inesistenti.

XII giorno

Escursione di un’intera giornata a Chichen Itza, il più famoso sito archeologico dello Yucatan dove sono ben distinti, nell’architettura dei giganti di pietra i due periodi della storia maya: uno puramente maya e l’altro di influenza tolteca, siamo nel dodicesimo secolo. Gli edifici sono eccezionali, molto particolari sono le piramidi templi con le colonne a forma di serpenti piumati come il Castillo e il tempio dei guerrieri. Il Castillo è un gigantesco calendario: le quattro scale hanno novanta gradini ciascuna e rappresentano i trecentosessanta giorni dell’anno. La nostra guida maya ci avverte di stare attenti agli ultimi quattro gradini che rappresentano i giorni nefasti dell’anno, ma noi non ci lasciamo intimorire da queste rivelazioni e arriviamo con disinvoltura fino alla piattaforma superiore. Intorno a noi ci sono dei colonnati usati per i mercati e un impressionante osservatorio astronomico: il Caracal con una scala a chiocciola che consentiva di raggiungere la sala di osservazione. Bellissime le maschere del Dio Chac in corrispondenza dei quattro punti cardinal; da questo posto i sacerdoti osservavano il moto degli astri e facevano le loro profezie rituali. Osserviamo due cisterne naturali, i cenotes, una vera riserva d’acqua dove venivano fatti, durante i pellegrinaggi, numerosi sacrifici e gettati monili d’oro e d’argento in onore degli dei. Ci fermiamo al campo della pelota, uno dei più grandi dei centri maya; in questo gioco difficilissimo i giocatori dovevano far passare la palla di caucciù rigido attraverso un anello di pietra perpendicolare al terreno colpendola con i gomiti, con le cosce ma mai con le mani. Le immagini del gioco sono immortalate sui muri dove si intravedono sia giocatori che indossano larghe cinture protettive sia macabre testimonianze sui sacrifici umani: i perdenti, che avevano fatto cadere la palla, impedendo al sole di sorgere nuovamente, venivano decapitati e i loro teschi esibiti al muro dei crani detto: Tzompatli.  L’importanza di questi orribili riti è evidente nella casa delle aquile dove giaguari e rapaci, simboli del sole notturno e del sole diurno che sulla terra erano i capi militari, divorano cuori umani.

XIII giorno

Non lontano da Chichen Itza ci sono dei posti dove furono scoperti passaggi che portavano a camere sotterranee con delle piscine naturali, in prossimità delle quali furono ritrovati tantissimi fornelli per l’incenso e piccole macine di grano: qui probabilmente si facevano offerte al dio della pioggia per assicurarsi la sua benevolenza. Noi ci fermiamo a Ditznup e attraverso uno stretto cunicolo scendiamo nelle viscere della terra e a un certo punto ci troviamo davanti uno spettacolo fantastico: un’immensa e spettacolare caverna che ha come unica fonte di luce naturale un foro nel soffitto da dove scendono stalattiti tra muschi, erbe e licheni che si riflettono sull’acqua azzurro-smeraldo e rendono questo posto un angolo dell’Eden. Facciamo il bagno in queste acque blu: i sacrifici umani, l’ingresso agli inferi sembrano pensieri molto lontani. Che meraviglia! Finisce qui fra queste acque il nostro viaggio tra il mondo maya, una civiltà scomparsa nel nulla. L’identità culturale maya è presente in pochissimi individui, la grande civiltà e il suo splendore sono spenti per sempre. Il perché i maya hanno abbandonato la loro terra è ancora oggi un mistero; le loro costruzioni vengono inghiottite dalla giungla e la storia sembra dimenticarsi di loro fino a quando non riaffioreranno quasi spontaneamente. Mondo ricco di misteri e di profezie. Nessuno è riuscito a risolvere questi grandi enigmi. A noi non rimane altro che aspettare il fatidico 21 dicembre 2012: che cosa è celato nel calendario dei Maya?

XIV giorno

Partiamo per Cancun nel mare dei Caraibi dove trascorriamo dei giorni all’insegna dell’assoluto relax tra spiagge bianchissime e un mare splendido. E’ proprio qui che ho scritto il mio diario messicano.

                                                                                                                               Betty Ranieri



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